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Liana Vettori

GRAFOLOGO GIUDIZIARIO

Iscritta dal 1999 al n. 3 dei Consulenti tecnici e Periti del

TRIBUNALE DI PISTOIA


Omaggio ad una grande e semplice donna, Doris Lessing, premio nobel 2007 per la letteratura

Il mio primo incontro con Doris Lessing avvenne alcuni anni fa davanti ad una vetrina di novità letterarie dove sono solita soffermarmi periodicamente, ogni qualvolta riesco a concedermi un pò di tempo per dare una boccata di ossigeno alla mia mente e al mio cuore.
Il nome dell’autrice mi era sconosciuto, ma, assieme al titolo del romanzo, incorniciava perfettamente un dipinto delicato nei colori e sapiente nel tocco iconografico rappresentante lo spaccato di una grande città.
Insomma, mi feci catturare dall’immagine di copertina e dal titolo accattivante "Il sogno più dolce".

Mai incontro fu più felice perché, a dispetto delle motivazioni futili della scelta, una volta iniziata la lettura del romanzo fui catturata dalla forza narrativa dell’autrice e dalla sua capacità di far partecipe il lettore dei caratteri, delle emozioni, delle illusioni, dei sogni e delle lotte dei personaggi, ed in particolare delle due donne protagoniste, forti perni dell’intera saga familiare.

Il periodo storico ed i fatti epocali narrati contribuirono a far scorrere le oltre 450 pagine in un baleno.
Il romanzo racconta le lotte e le speranze della società internazionale e come essa è cambiata a partire dagli anni ’60 attraverso le vicende, la vita, gli amori e le amicizie di una famiglia inglese.
Grazie alla Lessing rivissi con occhi e mente adulti e diversamente consapevoli fatti ed eventi politici e non che a suo tempo avevo vissuto marginalmente (ma forse è più corretto dire che mi avevano soltanto sfiorata) nella mia "nicchia" protetta della provincia italiana.

Chiusi il libro prefiggendomi di approfondire la lettura delle opere dell’Autrice, ma…..il tempo vola, e, un po’ per pigrizia un po’ per necessità di studi altri titoli e altri autori sono entrati nella sfera degli interessi letterari, fintanto che, una sera, di sfuggita perché assorta nel compito familiare di preparar cena, vidi al TG nazionale inquadrata un’anziana e dimessa signora che tornava dalla spesa con le sue provviste in una sporta.
Incuriosita mi misi in ascolto per capire cosa avesse di così importante questa "casalinga" per finire al TG e capii con mia grande sorpresa chi era e perché la stavano intervistando: Doris Lessing, vincitrice del premio nobel 2007 per la letteratura.
Mi resi conto che l’immagine che io mi ero fatta della Lessing (aristocratica donna inglese, se non altro per l’imponenza quantitativa delle pubblicazioni che avevo letto al suo attivo nel risvolto della copertina del libro) era del tutto errata: nessuna ostentazione estetica (era vestita modestamente), nessuna ostentazioni di titoli o meriti, ma tanta semplicità e quasi stupore per l’interesse suscitato. Poi ho avuto modo di leggere sui giornali la sua biografia.

Nata nel 1919 in Persia e vissuta per 30 anni in Rhodesia, vive oggi una vita semplice in Inghilterra, fatta di attività letteraria (nonostante l’età la Lessing continua a scrivere) e quotidianità al pari di ogni donna che si occupa in prima persona della famiglia, ossia del terzo figlio, malato, avuto dal secondo marito lasciato anch’egli come il primo assieme ai due primi figli.
Racconta Horace Enghdal dell’Accademia Svedese: di certo non era incollata all’apparecchio ad aspettare la mia chiamata, infatti, quando ho telefonato non ha risposto nessuno. Forse, scrive un giornalista, l’ha informata del premio ricevuto il fornaio o il droghiere.
È sempre stata una donna ribelle e fuori e dagli schemi. A 15 anni lascia la scuola e diventa un’instancabile autodidatta[1].
Questo non ha certamente limitato i suoi orizzonti intellettuali.
Scrittrice prolifica (ha al suo attivo oltre 50 opere) non ama essere etichettata entro determinate definizioni. Ed ha ragione. È innegabile, infatti, stando a quanto riportano le cronache, la sua capacità di scandagliare il mondo che la circonda da opposte angolazioni e da diversi punti di vista, di spaziare con disinvoltura a livello letterario dalla narrativa, alla saggistica, alla fantascienza, di abbracciare con entusiasmo ideologie nuove o controcorrente per combatterle non appena ne ha vagliate e verificate personalmente le fondamenta o le finalità.

Il suo volume "The Golden Notebook" (1962), diario di una donna scissa tra vari ruoli privati e sociali, non ultimo quello di militante politica, è stato considerato la "bibbia femminista" facendogli guadagnare l’appellativo di "rappresentante del femminismo britannico".
Quando The Golden Notebook è uscito, dice l’autrice, nessuno ha notato che usavo una forma di scrittura piuttosto interessante, erano troppo presi dal fatto che fossi contro gli uomini, una rompiscatole.
Ma, insofferente ad ogni vincolo e ad ogni etichetta ha fortemente e lungamente smentito e polemizzato con l’ideologia del movimento femminista affermando che ciò che ha liberato realmente la donna non è stato il femminismo ma la pillola anticoncezionale, la lavatrice e il frigorifero.

La grandezza intellettuale e umana emerge prepotente, dunque, non solo dalle opere ma anche dalle idee e dalle dichiarazioni del premio Nobel 2007.

Ad oggi, nonostante abbia raggiunto i 90 anni e nonostante le cure per il figlio malato le rubino tempo ed energie, Doris Lessing continua a scrivere per sé e di sé: sono molti gli autori che sostengono di scrivere solo per se stessi, ma nel caso di Doris Lessing si sente che questo è vero.
Scrive di quel che le interessa in un certo momento, e se ai lettori non piace devono farsene una ragione
[2].
L'ultimo suo libro, da me letto, dal titolo "Il quinto figlio" racconta lo "scompiglio" portato all’interno di una coppia e famiglia serena da un figlio diverso, quasi un’autobiografia del quotidiano faticare per conciliare doveri, sentimenti e aspirazioni personali e professionali.
Semplicità linguistica e tematica sono la sua forza narrativa, grazie alla quale le pagine dei suoi racconti scorrono in un fiato tra le mani del lettore.

Chi ha detto che una laurea (o più di una) sia automaticamente sinonimo e garanzia di intelligenza e preparazione culturale e intellettuale?
Doris Lessing, vincitrice del Nobel per la letteratura, da semplice autodidatta qual è smentisce a chiare lettere chi vorrebbe fare di questo assunto un assioma incontrovertibile per garantirsi "superiorità aprioristica".
Forse questo baluardo garantista è necessario ad alcune persone perché sono consapevoli che "ogni sapere" è limitato a sé stesso, ovvero, parafrasando Don Milani, ogni sapere ha i suoi confini ben precisi (i miei montanari, semianalfabeti, conoscono tutto sulle leggi della natura, come si posso ritenere meno "sapienti" di coloro che hanno studiato sui libri soltanto alcuni argomenti): magari queste persone appaiono bravissime nella materia di specializzazione (teste parziali le definisce Camilleri in un racconto del commissario Montalbano) in quanto mostrano di conoscere a menadito l’oggetto di studio, ogni sua definizione scientifica e letterale e in base a ciò si esprimono con parole forbite e spesso astruse al grande pubblico e forse anche a loro stesse (quindi di grande effetto scenico), ma poi, a ben guardare (o leggere) non hanno mai imparato le regole più elementari della lingua italiana.

Forse, di questa garanzia ne hanno bisogno le persone mediocri e con il complesso di inferiorità, che per tentare di nasconderlo (in primo luogo a se stessi) diventano idolatri tronfi dei loro titoli conquistati a suon di esami universitari, ovviamente enumerati ogni qualvolta aprono bocca o scrivono qualcosa: il numero degli esami dati è la loro bandiera (e qualcuno si spinge anche a pubblicare i voti di ogni esame), l’ipotetico passaporto per accedere al "mondo degli intelligenti" e quindi dei potenti.

Le persone veramente grandi non hanno bisogno di rimarcare ad ogni piè sospinto la "loro grandezza" e quanto hanno "faticato" a raggiungerla, perché essa è semplicemente riconoscibile da chiunque li ascolti o semplicemente li conosca.
Meglio dunque darsi meno importanza, prendersi meno sul serio e non pretendere di essere onniscienti e onnipotenti, ma essere invece umilmente consapevoli della pochezza e della fallibilità umana che ogni essere ha in sé, così come la Lessing ha sempre dimostrato e ribadito in occasione dell’annuncio del premio Nobel.

Grazie Doris Lessing, casalinga autodidatta, per il messaggio di semplicità e umiltà trasmesso implicitamente dalle tue immagini e dalle tue dichiarazioni, ma culturalmente e umanamente grande!.

[1] Fonte LA NAZIONE 12.10.07
[2] Fonte: Internet, Lisa Allardice 17 ottobre 2007 Copyright: Guardian News & Media 2007

 


Doris Lessing


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Il Prof. Umberto Veronesi, sul settimanale "OGGI", nel 2004 affermava che:

"La Grafologia è una scienza e ci dice anche quanto siamo sani"
Ci sono casi di "disgrafia", l’alterazione della scrittura, che rivelano disturbi respiratori, cardiovascolari, intossicazioni, malattie nervose…

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